Sentenze in materia di rappresentatività e contrattazione

Cass. 28 ottobre 1981, n. 5664; 18 febbraio 1985, n. 1418 e 27 ottobre 1990, n. 10392

– importanza del criterio territoriale, settoriale ed intercategoriale per valutare la rappresentatività sindacale Cass. 28 ottobre 1981, n. 5664 –carattere non decisivo del numero di iscritti nel valutare la rappresentatività sindacale Cass. 18 luglio 1984, n. 4218; 1 marzo 1986, n. 1320; 20 aprile 2002, n. 5765 e 2 dicembre 2005, n. 26239 – l’importanza dell’effettività dell’azione sindacale (partecipazione a trattative sindacali, vertenze, stipula di contratti collettivi) Pluralismo contrattuale ed efficacia soggettiva del CCNL Cassazione, 7 giugno 2004, n. 10762; 9 agosto 1996, n. 7383 e 28 agosto 2004, n. 17250 – il contratto collettivo stipulato dalle attuali organizzazioni sindacali è un contratto di diritto comune, dunque, in forza dell’art. 1322, comma 2 del codice civile, con conseguente applicazione non di una disciplina speciale, ma di quella, appunto, di diritto comune, dettata dal codice civile per i contratti in generale.

Cass. 9 luglio 1976, n. 2644; Cass. 1975, n. 495 – il principio della libertà sindacale sancito dall’art. 39 Cost. consente un regime di pluralismo contrattuale, ben potendo coesistere distinti contratti collettivi nella medesima categoria che regolino in modo differenziato i rapporti di lavoro degli aderenti alle rispettive organizzazioni stipulanti.

Cass. 30 maggio 1997, n. 4803; 18 marzo 1996, n. 2260 e 18 gennaio 1996, n. 382 – in presenza di una pluralità di CCNL contemporaneamente vigenti stipulati da sindacati tutti maggiormente rappresentativi, i minimi salariali da considerare ai fini della spettanza del beneficio devono essere non già quelli dei contratti più favorevoli ai lavoratori o del contratto concluso per ultimo, ma quelli del contratto cui il datore di lavoro è vincolato per essere stato stipulato dalla propria associazione, non essendovi alcun diverso criterio alla stregua del quale attribuire prevalenza all’uno o all’altro contratto collettivo; Appalti – mero valore indicativo del costo lavoro delle tabelle ministeriali

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, 23/08/2006, n. 4949, ha ritenuto illegittimo un provvedimento di esclusione di un’impresa la cui offerta sia stata qualificata come “anormalmente bassa” per il solo fatto che alcune voci fossero inferiori ai minimi tabellari predefiniti in atti legislativi, regolamentati, amministrativi o comunque ufficiali. E’ sempre necessario che venga consentito all’impresa di fornire le proprie giustificazioni così da esercitare pienamente il proprio diritto d’iniziativa economica privata in armonia con il perseguimento del pubblico interesse. E’ stato riconosciuto che la verifica della congruità di un’offerta anomala costituisce espressione di un potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salva l’ipotesi in cui le giustificazioni formulate siano illogiche o fondate su insufficiente motivazione.

Questa sentenza indirettamente esclude l’inderogabilità dei limiti al costo del lavoro imposti dal Ministero, aprendo il varco a possibili loro determinazioni ad altri livelli normativi, come quello contrattuale.

Questo punto di vista è sorretto anche da un’altra sentenza del Consiglio di Stato, Sezione 6 (sentenza del 21 novembre 2002, n. 6415), la quale ha precisato che la legge 327/2000 (la c.d. legge Salvi, ora recepita nell’art. 26 comma 6 del D.Lgs 81/2008 (Testo Unico Sicurezza)3 recante “valutazione dei costi del lavoro e della sicurezza nelle 3 Il comma 6 riprende testualmente il contenuto dell’art. 8, comma 1, della L. n. 123/2007, nella parte in cui modifica il comma 3 bis dell’art. 86 della. L. n. 163/2006 ed obbliga gli enti aggiudicatari che valutano le offerte delle gare di appalto, somministrazione e subappalto a valutare che il costo del lavoro e della sicurezza sia adeguato. In pratica, nella predisposizione delle gare di appalto pubblico e nella valutazione delle anomalie nelle offerte, gli Enti aggiudicatari debbono valutare la congruità riferita sia al costo del lavoro che a quello della sicurezza che va indicato in maniera specifica. Il costo del lavoro è determinato, periodicamente, attraverso apposite tabelle, predisposte dal Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale sulla base dei valori scaturenti dalla contrattazione collettiva (dei sindacati comparativamente più rappresentativi) e dalle norme in materia previdenziale ed assistenziale. In mancanza di CCNL applicabile vale quello del settore merceologico più simile. Il costo relativo alla sicurezza è incomprimibile e non può essere soggetto a ribasso d’asta. gare di appalto” poneva regole funzionali alla corretta predisposizione dei bandi di gara e alla valutazione delle soglie di anomalia delle offerte dei partecipanti a gare d’appalto, ma non determinanti una misura del costo del lavoro rilevante agli effetti degli appalti pubblici in via autoritativa, quale intervento regolatorio sui prezzi a fini amministrativi.

La Sent. Consiglio di Stato n. 5497/02 ribadisce, in nome dei principi comunitari, l’effettiva concorrenza nel settore degli appalti pubblici per cui “il concorrente deve poter far valere, utilmente e in contraddittorio, il suo punto di vista su ciascuno dei vari elementi di prezzo proposti” prima che l’amministrazione possa respingere un’offerta perché ritenuta anormalmente bassa (concetto ribadito nella precedente sent. C-285/99 e C-286/99 della Corte di Giustizia CE, riferita esclusivamente al settore degli appalti pubblici. In questo ambito invece c’è estensione al settore dei servizi).

Questa sentenza inoltre interpreta l’art. 37 della direttiva 92/50 CEE del Consiglio del 18 giugno 1992. Precisa che il comma 2 non delinea tassativamente le giustificazioni che possono essere presentate, dunque non autorizza l’esclusione automatica di alcuni tipi di giustificazioni, che contrasterebbero con il “principio di libera concorrenza” tra i concorrenti alle gare di appalto, ma si limita a fornire esempi di giustificazioni che il concorrente può presentare a dimostrazione della serietà della sua offerta. E’ rimessa alla Commissione la stima della congruità delle giustificazioni presentate, trattandosi di valutazioni tecnico-discrezionali che sfuggono (di norma) alla valutazione di legittimità del giudice amministrativo (salvo che non siano viziate da travisamento dei fatti o nel loro iter logico).